in Cima al Monte Carameto: un’escursione di confine

Il viaggio che vi raccontiamo oggi è un’escursione di confine.

Confine tra due province, quella di Parma e di Piacenza.

Confine tra due valli, quella del Ceno e quella dell’Arda.

Confine, come del resto buona parte, se non tutti, i territori di queste valli, tra il conosciuto e lo sconosciuto, tra il turistico e il dimenticato.

È proprio qui, a circa una decina di km dal borgo di Bardi, che troviamo il passo del Pellizzone.

Forse non tutti sanno che questo è un valico importante, che ha una sua storia, una sua tragedia, una sua memoria.

Ma ora siamo con lo zaino in spalla, gli scarponi allacciati stretti ai piedi e le borracce piene e, la storia del passo, vi prometto, ve la racconteremo in un altro momento.

Quando saremo meno carichi e con meno fretta di salire.

Ecco quindi che partiamo, sul lato orientale del valico troviamo un sentiero con segnavia 801 che inizia a salire ed entra nel bosco.

Ci troviamo circondati da faggi le cui chiome formano una fitta coltre di fogliame verde acceso e le radici, grandi e ben sviluppate, sembrano dare vita ad un intricato mondo a parte integrandosi con il sottobosco.

Fin dal primo momento si riesce a sentire come, anche la poca presenza umana percepita fino a poco prima, faccia posto alla sola natura.

Ai suoni della montagna, del vento e della fauna presente nella selva.

Giunti ad un bivio prendiamo il sentiero a sinistra che inizia a salire con pendenza maggiore, sopra di noi uno scoiattolo si muove agile tra i rami, silenzioso e veloce.

Il sentiero è naturalmente ombreggiato e i raggi di sole che riescono ad intrufolarsi tra le foglie e i rami, danno vita ad un meraviglioso gioco di luci.

Arriviamo ad una piccola radura, uno spiazzo tra gli alberi, e troviamo un cancello di una recinzione, oltrepassandolo sembra di essersi lasciati alle spalle un altro pezzo di mondo, siamo un po’ più vicini alla vetta e un po’ più lontani dagli ultimi centri abitati.

Continuiamo la lieve salita che alterna i boschi di faggi con piccole radure, fino ad arrivare alla fine del bosco e sbucare sulle ampie praterie sommitali.

Ora la visuale è ampia, non abbiamo grossi impedimenti visivi e vediamo tutto il sentiero fino alla nostra meta.

Proseguiamo quindi sul costone affiancando il bosco e infine, saliamo alla vetta che si trova a 1320 metri.

Da qui lo sguardo si perde, si riesce a vedere l’intera valle, la fortezza di Bardi e il monte Barigazzo con le sue creste.

L’orizzonte è proprio davanti a noi, e non ci sorprende che la cima del Carameto è considerata uno dei 300 punti panoramici più belli d’Italia.

Il sole inizia a tramontare, la cima e la valle si tingono d’oro, e guardando nella direzione dei boschi da cui siamo arrivati, scorgiamo dei movimenti: Una ventina di cavalli bardigiani, la cui origine è proprio quella della Val Ceno, salgono lentamente e si fermano nell’ampia prateria sottostante alla vetta.

Decidiamo di sederci e goderci lo spettacolo che la natura riesce a regalare ogni volta; un capriolo passa indisturbato e senza fretta e poco dopo attraversa la prateria anche una volpe rossa.

Una leggera brezza, e il sole che si nasconde tra le montagne.

Arriva il buio, e con lui le stelle.

Con il naso all’insù si scorge il “Triangolo estivo”, composto dalle stelle Vega, Altair e Deneb facenti parti rispettivamente della costellazione della Lira, dell’Aquila e del Cigno.

Deneb, tra le stelle brillanti del cielo è la più lontana visibile ad occhio nudo: Dista 1600 anni luce da noi! Sapete cosa vuol dire? Che la luce che noi vediamo è stata emessa 16 secoli fa! Poco prima del crollo dell’impero romano..non è incredibile?

E così, il tempo scorre, le ore notturne e il cielo stellato, lasciano il posto ad una flebile luce in lontananza, che cresce e sale prendendo la forma di una grossa palla rossa.

Quando il sole sorge la montagna si risveglia, quello che durante la notte si nascondeva nel buio, diventa piano piano visibile.

Ci troviamo presto circondati dai cavalli visti la sera prima e decidiamo, quindi, di lasciare a loro il nostro posto privilegiato per incamminarci sulla via del ritorno.

 

Nel scendere, un capriolo alza la testa sentendo il rumore dei nostri passi e alcune lepri si nascondono correndo nel sottobosco.

Arrivati al nostro punto di partenza ci togliamo gli zaini dalle spalle e slacciamo gli scarponi per far respirare i piedi; la strada asfaltata e le case più vicine ci riportano alla realtà.

Ora vorrei potervi raccontare l’odore del bosco, del muschio e delle foglie, vorrei essere in grado di farvi sentire la brezza mattutina e il calore dei primi raggi di sole dopo una notte stellata, ma tutto questo va al di là delle mie capacità, quello che posso fare per voi, però, è suggerirvi di viverlo, di prendere uno zaino, un compagno fidato e partire per vedere e sentire le emozioni di questa montagna e scoprire i suoi segreti.

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