I secoli del Medio Evo sono anche detti secoli bui. Il termine fa uso del tradizionale concetto di luce contro oscurità nel quale “l’oscurità” di quell’epoca (scarsità di documentazioni e testimonianze) venne preceduta e succeduta da “luce” (abbondanza di documentazioni e testimonianze).
Le poche testimonianze scritte risalenti a quel periodo erano quindi delle piccole lanterne che squarciavano il “buio” di quei secoli.
Ebbene il terriorio più luminoso di tutta Italia era la val Ceno nell’appennino parmense.
Questo è riportato nel testo di Sandro Santini “Popolamento Storico della Valli del Taro e del Ceno” con le parole che seguono:
“Importanti sono anche le testimonianze scritte; in un Italia dei “ secoli bui” nell’ VIII sec, in Val Ceno sono rimasti ben undici documenti (testimonianze, atti di processi, transazioni economiche), su sessantuno ritrovati in alta Italia. Cinque, il primo del 735, sono stati scritti nella Pieve di San Pietro di Varsi; tre a Vianino di Varano Melegari, uno a Tolarolo di Bardi ed uno in una non identificata “Isola del Ceno”(66). Nella maggioranza di questi atti è indicata la presenza di “ vir honestus” o di “virdevotus” Oltre a questi documenti, importante è il “giudicato” del re longobardo Pertarito , del 673 o674, che conferma quello precedente di Arioaldo.
Definisce, su richiesta di Immo, gastaldo di Parma, il confine amministrativo fra il proprio gastaldato e quello di Piacenza (68).Utilizzando le testimonianze di coloro che vivevano in quelle zone: anziani, pastori, boscaioli, cacciatori, tale confine, che attraversa la Val Ceno e che corrisponde tutt’oggi al confine diocesano tra le due città (69 ), viene identificato con il “ limes ” del “
Castrum Nebla” di Solignano e quindi assegnato al territorio parmense.”
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