Sono Lina Labadini di Varsi e Liliana Fargion di origine ebrea. Mercoledì scorso hanno ricordato quando erano bambine, le drammatiche vicende delle famiglie Labadini, Cordani, Croci e di don Magistrali che nascosero a casa loro dodici ebrei, sottraendoli alla fucilazione. Erano gli anni 1943 – 1944.
Video cerimonia e intervista Liliana Fargion
TG Rta Video Taro del 2-12-16 (al 7’15”)
In una gremitissima Sala Consigliare del Municipio di Varsi, la cerimonia dello “Yad Vashem” è aperta con un commosso discorso dal Sindaco Luigi Aramini, seguito da numerosi interventi per affermare “chi salva una vita salva il mondo intero“.
La dott.ssa Sara Ghilad dell’ambasciata d’Israele a Roma ha consegnate gli attestati con le quattro medaglie d’oro e il titolo perenne di “Giusti tra le Nazioni”, alla memoria di sei “mani tese”
Sono Francesco Labadini di Varsi, ritirato da Lina Labadini che allora aveva solo 8 anni, a Severino, Celestina e Maria Cordani di Varsi, ritirato da Giuseppe Pellegrini di Pessola figlio di Maria e nipote di Celestina e Severino, a Guido Croci di Valmozzola ritirato dal nipote Ivano, e al parroco di Rocca Don Ubaldo Magistrali nativo di Ziano, ritirato dal nipote Teodoro Braga.
Erano i giorni dell’ “8 settembre” anche a Varsi, un piccolo paese dove la gente mormora. Tutti sapevano della presenza dei dodici ebrei, e anche dove erano nascosti, compreso le milizie del governo e i Carabinieri di Stato. “sei mila lire era la ricompensa per chi denunciava gli ebrei”. Un ruolo centrale nella vicenda fu proprio quello del “uno stupendo carabiniere” e “il maresciallo“con due vitali depistaggi alle ispezioni delle milizie. Senza la loro “spiata”, fatta per quel senso di appartenenza al territorio, e per il quieto vivere delle gente, Mercoledì 30 novembre 2016, per la comunità di Varsi non si sarebbe aperta e scritta una indelebile e grande pagina di umanità, e di civiltà.
Grazie Varsi !!. Sono state le parole finali di Liliana Treves Alcalay Fargion, l’unica ancora in vita di quella famiglia ebrea, nel ringraziare dopo 73 anni l’intera comunità locale per aver salvato nel pericolo, se stessa e la sua famiglia dagli orrori della guerra.
La storia. La famiglia ebrea Fargion commercianti di Milano si trasferisce a Salsomaggiore per delle cure. L’escalation delle leggi razziali è all’apice. Sono ricercati, in quanto per loro è stata ordinata la fucilazione istantanea e per chiunque li avesse aiutati. Qui conoscono Maria Cordani una cameriera di Rocca Nuova il cui fratello Giulio è un partigiano. I due fratelli vogliono aiutarli.
I Fargion arrivano a Varsi ospiti dei Labadini. Poi un giorno un “bel” Carabiniere li avverte che l’indomani le milizie del crudele sergente Pelagatti sarebbero venuti per una ispezione. La notte stessa con l’aiuto del parroco, vengono nascosti nella Cripta della Chiesa e successivamente trasferiti a Rocca Nuova, a casa di Maria la cameriera di Salsomaggiore dal cuore generoso. I Cordani.
A casa Cordani i dodici ebrei, evitano la cattura, prima per un fiasco di vino dato da Maria alle milizie venute a fare un controllo, e nello stesso giorno con un nuovo intervento del “il maresciallo” dei Carabinieri, avvertendo che l’indomani ci sarà una vera perquisizioni. Ed è così. Le milizie con lo stesso sergente Pelagatti, non contente del “fiasco di vino“, frugano in ogni angolo di casa. Ma non trovano nulla. Le milizie portarono via Severino e Maria Cordani per farli parlare. Non confessarono nulla e in seguito furono lasciati liberi.
I Fargion sono nuovamente salvi in canonica da Don Magistrali. Supplicato e saputo solo in quel momento che erano ebrei, il parroco pronunciò la storica frase “se dovremo morire, moriremo insieme“. L’ultimo nascondiglio è tra i monti di Valmozzola nel casolare innevato della famiglia Croci, prima di espatriare da Parma diretti in Svizzera con documenti falsi, procurati dal parroco con l’aiuto della sorella.
Quell’attimo indimenticabile. Siamo a casa dei Cordani. Arrivano le milizie e la famiglia ebrea non ha il tempo di andare nel granaio al secondo piano. E’ il loro nascondiglio. Si fermano tutti al primo piano in assoluto silenzio con le due milizie che parlano a Celestina e si scolano il fiasco di vino offerto da Maria. Ad un certo punto si sente un fruscio al piano di sopra. I due si alzano prontamente in piedi, e alle due donne gli si gela il sangue nelle vene, pensando che sarebbe saliti. Ma i due uomini salutano ed escono di casa. Non si saprà mai se è stata una coincidenza, una suggestione di quei drammatico momento, o se si è capito che di sopra c’era qualcuno, e la perquisizione del giorno dopo ne è stata una conseguenza.
L’epilogo. Due anni fa, Lina Labadini, anche lei unica rimasta di questa vicenda, vuole a tutti costi realizzare il sogno di suo padre: andare alla ricerca di questa famiglia ebrea. Lina riesce a contattare Liliana Fargion e con l’aiuto della Consulta Culturale di Varsi ricostruiscono la singolare vicenda, arrivando poi ben presto all’onorificenza di “Giusti tra le nazioni”.
Sono intervenuti il Prefetto di Parma Giuseppe Forlani, il governatore della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, il presidente della provincia di Parma e Sindaco di Salsomaggiore Filippo Fritelli, il Vicario della Diecisi di Piacenza e Bobbio monsignor Luigi Chiesa il quale ha letto un messaggio del Vescovo Gianni Ambrosio. Ne segue un intervento di ricostruzione storica da parte di Don Domenico Ponzini, direttore emerito dell’ufficio dei beni culturali della Dicesi di Piacenza e Bobbio.
Presenti il questore Pier Riccardo Piovesana, il comandante dei carabinieri della provincia di Parma Colonnello Massimo Zuccher, gli onorevoli Giuseppe Romanini e Patrizia Mestri, i Sindaci di Borgotaro Diego Rossi, di Valmozzola Claudio Alzapiedi, di Tornolo e presidente dell’Unione dei Comuni ValTaro e ValCeno Cristina Cardinali, di Ziano Manuel Ghilardelli il Comune dove è nato Don Ubaldo, consiglieri provinciali e regionali, la Consulta Comunale dei ragazzi, la sezione Alpini e l’Assistenza Pubblica del luogo, la cittadinanza e le famiglie dei premiati.